Addio cara Ventimiglia
mia amata terra elettiva,
hai lasciato gioie e ferite
sulla mia vita ed i ricordi,
da te ho lasciato lacrime
e sorrisi, risate sguaiate,
abbracci e baci infuocati,
da te ho lasciato l’ombra
appena accennata di poesie,
mai scritte né mai declamate,
da te le tracce dei miei passi
sui marciapiedi sulla battigia,
sul ponte sul Roia sui sassi.
Addio Ventimiglia cara,
addio all’ombra del corsaro nero,
la battaglia dei fiori, il tuo mistero
che ha attraversato i millenni,
cuore pulsante intemelio di terre
impervie e laboriose fatta di serre
e terrazze sui colli colmi d’ulivi
gente silenziosa affabile e laboriosa
accolsi dalla Trinacria famiglie intere
accogliesti anche me: profugo d’Africa,
giunto dopo lo stivale aver attraversato,
l’isola del monte Capanne, esilio di Napoleone
ricca di magici borghi e del mio cognome.
Fatto o destino, disegnano fortuna o sciagura,
scampoli della mia esistenza sopravvissuti,
per magico destino nelle colline metallifere
in quel di Gerfalco, borgo d’altri tempi,
s’aggrappano coriacei al cupio dissolvi,
la vita ti da e toglie: a te non arrenderti!
Stringere i denti, andare avanti sempre,
v’è sempre il momento inatteso del riscatto,
con paziente attesa e con solida tenacia,
per chi non s’arrende facilmente
alle inattese tempeste della vita.
Addio Ventimiglia…